L'uomo che sussurra ai randagi - Intervista a Carmine Munno

L’uomo che sussurra ai randagi – Intervista a Carmine Munno

Se ci fosse un premio Nobel per il randagismo e l’amore per gli animali, noi siamo certi sarebbe assegnato propio a lui. Non sappiamo se in Svezia c’è qualcuno a cui fischiano le orecchie in questo momento ma, sicuramente, in provincia di Caserta, da qualche anno a questa parte, ci sono tante persone che hanno detto grazie a Carmine Munno. Un infaticabile amante degli animali che, in solo due mesi, ha salvato oltre quattrocento cani, salvandoli da un canile che sembrava un vero e proprio lager. Un’impresa da libro dei record. Se volete saperne di più mettetevi comodi e godetevi questa interessantissima intervista.

Come nasce il tuo amore per gli animali e quando hai realizzato di voler diventare il loro paladino?

«Per me diciamo che si tratta di una missione, quella di diffondere la cultura della difesa degli animali e dell’ambiente, soprattutto alle nuove generazioni, perché oggi giorno c’è ancora tanta ignoranza in questa materia.

La passione per gli animali è qualcosa che ho nel DNA: ricordo che già da piccolo all’età di 3 o 4 anni avevo dei cani, già amavo gli animali. Nel DNA però non ho solo la passione per gli animali, a me è qualcosa che esce da dentro per dare voce a chi non ne ha, che siano animali o persone non importa: mi sento un difensore dei deboli. Io cerco di aiutare anche le persone però, per privacy, tante cose non le dico. Per gli animali lo posso dire ma per le persone, per le famiglie, non lo posso dire: è una questione di rispetto. Sono le persone invisibili, queste che nessuno vede o fa finta di non vedere. Io non mi ritengo un animalista o un attivista come si definiscono altri. Io sono Carmine, dove c’è bisogno di Carmine, dove c’è bisogno di aiuto cerco di dare aiuto, questa è la mia missione»

Il tuo impegno a favore degli animali ti ha portato a realizzare “L’Oasi a 4 Zampe” – un rifugio diventato in pochissimo tempo il punto di riferimento per gli animalisti di tutta la provincia di Caserta. Troviamo davvero encomiabile la tua determinazione e la missione che vi siete dati: quella di accogliere gli animali in difficoltà per regalargli una vita migliore. Ci racconti come è nata questa idea e come sei riuscito a realizzarla?

«Come nasce l’Oasi a 4 zampe? Dall’esigenza di prelevare, salvare animali maltrattati o in grandissima difficoltà. All’inizio avevo degli amici che mi aprivano le porte di casa loro offrendomi uno stallo gratuito per i randagi, però poi andavo sotto stress perché non volevo gravare più di tanto su di loro. Infatti se io chiedo a qualcuno la disponibilità per dieci giorni, puoi stare certo che l’impegno durerà 10 e non 11 giorni, né un mese, come purtroppo fanno altri. Per questo nacque l’esigenza di questa oasi. Poi il caso ha voluto che mi ritrovai più volte a salvare degli animali nella campagna di San Tammaro e proprio lì alla fine è nata l’Oasi. Un’oasi dove non finiscono solo randagi: oltre a cani ci sono gatti, cavalli, pony, gabbiani persino dei maialini! Pochi giorni fa abbiamo salvato sei cani da un capannone abbandonato, a Villa Literno abbiamo salvato un cane che era diventato pelle ed ossa, un pony ed un cane a Santa Maria Capua Vetere. Oggi posso dire che facendo queste attività e divulgandole su internet sta crescendo sempre di più questa sensibilità nei confronti degli animali»

  • Ecco alcuni pelosetti salvati dai volontari dell'Oasi a 4 zampe

La cosa che ci ha colpito è che ci sono tanti animalisti che nel tempo libero si dedicano davvero con amore ai randagi aiutando cani, gatti ed altri animali ma ci sembra tu abbia davvero una marcia in più. Tu, infatti, sei riuscito in pochi mesi e con le sole tue forze a realizzare un rifugio per animali, un risultato davvero eccezionale! 

«C’è un detto che dice: volere è potere. Quando le cose si vogliono fare realmente, quando si vuole davvero fare qualcosa di concreto, la strada la trovi sempre. Del resto come si dice? Chi vuole fare qualcosa trova sempre le soluzioni, chi non vuol fare qualcosa, invece, trova sempre delle scuse.

E questo vale per tutti i temi. Con questo non voglio dire che nella vita si riesce sempre a realizzare quello che si vuole ma sono convinto che se fai le cose con passione anche se non raggiungi al 100% tutti gli obiettivi, ci arrivi molto vicino. La mia missione e quella degli amici che mi accompagnano è proprio questa: arrivare quanto più vicino possibile al traguardo di una cultura al rispetto per gli animali. Perché oggi ce n’è pochissimo»

Qual è la situazione del randagismo in provincia di Caserta e cosa viene fatto attualmente dalle istituzioni per arginare il fenomeno?

«Cosa si fa per il randagismo? Si fa zero e non lo dico solo in base al numero degli animali che ogni giorno salvo ma lo vedo dai numeri, da quanti soldi i comuni spendono ogni anno. Prendiamo ad esempio il comune di Santa Maria Capua Vetere che spende ogni anno per il randagismo 330 mila euro. Se il comune farebbe una convenzione con i veterinari del posto per fare sterilizzare i randagi, con 330 mila euro probabilmente risolverebbe il problema del randagismo in tutto il sud Italia non solo di Santa Maria Capua Vetere. La verità è che non c’è la volontà di risolvere il problema, perché oggi i canili sono un business e più sono pieni, più soldi si spendono»

Quali soluzioni possiamo immaginare per un futuro rispettoso di tutte le forme di vita? Ed in particolare cosa possono fare le istituzioni e i cittadini per aiutare associazioni e volontari a raggiungere questo traguardo?

«La soluzione c’è ed è molto semplice. Tutti i comuni dovrebbero fare una mappatura del territorio e prevedere delle risorse per sterilizzare i randagi. La sterilizzazione, in verità, spetterebbe all’ASL ma sappiamo che l’ASL questo non lo fa, perché non ha i mezzi necessari. Per questo motivo, il comune potrebbe intervenire istituendo un capitolo di spesa che prevede la sterilizzazione dei randagi attraverso una convenzione con i veterinari e la collaborazione di volontari, grazie alla quale nel giro di 3 o 4 anni saremmo in grado di risolvere il problema. Però c’è la volontà di risolvere questo problema? Vogliamo chiudere i rubinetti di questo business? Questo è il discorso»

Siamo nel casertano, per raccontare il lieto fine di una brutta storia: quella di centinaia di cani salvati da un allevamento lager. Ecco il servizio andato in onda su Canale 5.

Tutta la stampa nazionale ha dato grande risalto al sequestro del Canile Lager di Casaluce, dove grazie all’intervento della tua associazione si è riusciti, in pochi mesi, non solo a salvare tutti i 400 cani ma anche a darli in tutti in affidamento ad altrettante famiglie dove questi poveri esserini possono finalmente ricevere l’amore che era stato loro negato. Che situazione avete trovato a Casaluce e qual è l’insegnamento che possiamo estrapolare da quanto accaduto?

«È stato il più grande sequestro d’Italia, con oltre 400 cani di razza, dove tanti sapevano, tutti sapevano, comprese le istituzioni, però nessuno faceva niente. A Casaluce si è consumato per 3 o 4 anni un maltrattamento sistematico, fino a quando siamo arrivati noi, ci siamo accorti di queste cose ed abbiamo scoperto delle cose oscene: cani morti, cani che si mangiavano tra di loro! Per fortuna abbiamo messo in moto una macchina che si è attivata subito a livello nazionale, fino a Roma. Forse lo abbiamo fatto scrivendo una pagina nuova di giurisprudenza in materia di sequestri. Fino ad allora, infatti, quando la procura sequestrava un canile, i cani venivano semplicemente trasferiti da un canile ad un altro. Siccome gli animali in Italia sono considerati come degli oggetti, il dott. Savoia (il magistrato che si è occupato della vicenda) ha avuto un’illuminazione, stabilendo che se i cani dovevano essere considerati come degli oggetti dovevano ritenersi come questi, deperibili, bisognosi di cure e pertanto non potevano aspettare i tempi di una causa all’interno di un canile, ma dovevano essere affidati rapidamente a delle famiglie. In questo modo, in solo due mesi, ci siamo riusciti, attirando l’interesse di alcuni media nazionali come la trasmissione “L’arca di Noè” e facendo nascere un modello, ovvero il modello Casaluce»  

C’è stato un momento in cui ti sei sentito sopraffatto oppure hai capito subito che potevi aiutare davvero quei randagi di Casaluce?

«All’inizio mi sono preso una grossa responsabilità, quella di dovere trovare la sistemazione per 400 cani. Però il problema era anche un altro. Esistevano altre persone o altre realtà, come l’Oasi a 4 Zampe, che si volevano prendere questa responsabilità? Sai che vuol dire prendersi la responsabilità di 400 cani? A parte i soldi, perché all’inizio abbiamo speso 600 euro al giorno per far mangiare e curare i cani, è stato necessario ripristinare persino l’energia elettrica perché in quel canile lager mancava tutto. Ho avuto anche alcune denunce che volevano far passare me come un carnefice e il proprietario del canile come un santo. Questo a causa della gelosia di alcune persone e questa, forse, è stata la pagina più brutta di Casaluce. Poi, per fortuna, ho avuto i complimenti del magistrato che si è occupato del sequestro, il dottor Savoia del tribunale di Napoli Nord, nonché il pieno supporto delle forze dell’ordine e del Ministro Costa in persona, il quale, anche se era impegnato in parlamento per l’approvazione della finanziaria, trovava sempre il tempo di chiamare per essere aggiornato passo passo su quello che accadeva Casaluce. Il ministro Costa mi aiutato in modo disinteressato senza chiedermi per quale partito votassi. Lo stesso non posso dire di un altro parlamentare campano tale Francesco Emilio Borelli un deputato che speravo potesse aiutarmi e che invece si è disinteressato invitandomi a rivolgermi a quella che presumeva essere la mia parte politica»

Un pelosetto in cerca di adozione
Un pelosetto in cerca di un’adozione

Restiamo ancora in ambito giornalistico per parlare di un altro fatto di cronaca di cui si sta parlando molto in questi giorni. Ci riferiamo alla tragica morte del bambino sbranato da due pitbull ad Eboli ed al ferimento dei genitori. Secondo la tua esperienza come è possibile che accadano questi episodi e come possiamo fere per evitarli?

«Sono anni che mi sto battendo per anche questo problema. Purtroppo il fatto è che manca la coltura e chi vorrebbe adottare o comprare certi molossoidi dovrebbe fare un percorso formativo, sarebbe la prima cosa da fare. L’esperienza mi porta a dire, almeno in Campania nelle zone dove opero, quindi a Caserta, che questi cani spesso hanno delle famiglie poco affidabili. Nel caso specifico, bisognerebbe verificare bene cosa è successo perché c’è un vuoto di 30 minuti nella ricostruzione della morte del bambino. I cani non ragionano come gli esseri umani e se ti aggrediscono ci deve essere una spiegazione. Io credo che i cani non sono necessariamente colpevoli e va verificato attentamente non solo cosa è accaduto ma anche se si tratta di cani che sono stati educati. Se però siamo in uno stato di diritto, c’è bisogno di qualcuno che li difenda: se lo consentiamo ai killer della camorra perché non possiamo consentirlo anche ai cani? Come partito animalista abbiamo fatto richiesta di avere in affidamento questi due cani, per far verificare da esperti nazionali se sono cani pericolosi o se sono dei cani recuperabili che hanno avuto solo un black-out momentaneo. A me sembra strano che due cani di casa aggrediscono un bambino che sta in braccio ad una persona di famiglia, mi sembra davvero una anomalia. Con il massimo rispetto per la famiglia della vittima che ha perso un bambino di 15 mesi»

Cosa consiglieresti alle nuove generazioni e a chi vuole aiutare gli animali?

«Prima cosa consiglio vivamente di stare uniti perché se vogliamo che se le cose cambino veramente dobbiamo iniziare a guidare l’auto, l’auto significa andare nelle istituzioni, dove si cambiano le regole del gioco. Altrimenti finisce che salviamo qualche cane, ci arrabbiamo, mettiamo qualche like sui social però le regole non le cambiamo mai. Il mio consiglio è che se conosciamo animalisti che decidono di entrare in politica supportiamoli, diamogli fiducia, facciamogli portare un po’ la macchina, perché così qualche regola sul mondo del randagismo la iniziamo a cambiare: questo è il messaggio che posso dare»

Qui finisce il nostro racconto di questa bella pagina di cronaca locale. Continua così Carmine, sei tutti noi!



 

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